35° CALDERONE DI SAN GIUSEPPE a cura di ARCI Sannicandro e Comune di Sannicandro di Bari
Nel mondo contadino l’origine della tradizione “du callareun” e “d la vemb a neuv” è certamente legata alla necessità di eliminare il vecchio per propiziare l’avvento del nuovo.
La ritualità è molto antica e la si deve far risalire al primissimo e ancestrale periodo agricolo, nel quale la vita era strettamente legata alla natura, dalla quale non poteva assolutamente prescindere. Nell’antica “Peucetia”, in Grecia e Magna Grecia, si consideravano all’origine di tutte le cose i quattro elementi “Acqua – Aria – Terra – Fuoco”.
Perché si potesse attuare un mutamento in natura o perché fosse possibile pensare a un prodotto della terra e alle sue modificazioni era essenziale la privazione. Di qui la opportunità, attraverso i “Callareun” e i “Vemba Neuv”, di consumare, privandosene tutto ciò che era vecchio e faceva parte dell’annata precedente.
Il fine era che la privazione si trasformasse in raccolto abbondante nella nuova stagione.
“Callareun”: in italiano “Calderone”. Caldaia grande, che, al tempo dei nonni, quando in casa non c’era la cucina a gas, veniva utilizzata per cuocere gli alimenti, soprattutto i maccheroni.
La caldaia grande veniva appoggiata al cosiddetto “Trepiedi”, supporto in ferro che la sosteneva e sotto il “Trepiedi” veniva acceso il fuoco, che portava l’acqua alla bollitura e alla cottura della pasta e di altri alimenti.
“Vemba Neuv”: in italiano “Fiamma Nuova” . Nella stessa dizione è contenuto il significato più proprio della tradizione e della ritualità. Perchè il significante “Fiamma Nuova” conteneva l’augurio propiziatorio all’annata agricola successiva. L’aggettivo “Nuova” infatti non era rivolto al passato o al presente, al momento cioè in cui la fiamma bruciava e consumava, ma al futuro e all’avvento. Le scintille verso il cielo, le cosiddette “Omeomerie Greche”, ricomponevano il ciclo della natura, e a contatto con l’aria e con l’acqua (Pioggia) il fuoco sosteneva la sua parte, che chiudeva l’eterna azione di fecondare la Terra.
In un tempo più vicino a noi, certamente in epoca cristiana, agli antichi riti si aggiunse l’offerta di “Pagnott d’San Gsepp”. Non ci fu bisogno così dell’anima collettiva per allestire la festa di primavera: ciascuno, a livello individuale o di gruppo di vicinato, e in rapporto alle proprie condizioni economiche, esprimeva la sua devozione verso il cielo offrendo “Fav e Cicr Cucivl” insieme alle “Pagnott”.
“Cucivl”: in italiano “Cocevola”. La “Cocevola” è l’orto che i nostri contadini curavano nei dintorni della casa o del paese ad ortalizie: legumi e ortofrutta.
IL CALDERONE DI SAN GIUSEPPE
Durante il periodo di San Giuseppe si organizzano i tradizionali “callarèun” con la distribuzione, a devozione del Santo, delle fave e dei ceci infarciti di foglie di alloro e cotti in antiche caldaie; degustate accompagnate da del buon vino primitivo locale. Grandi falò le “fanove” accendono la notta, ad envocare l’origine peuceta di Sannicandro quando ancora si chiamava MEZARDON.
“U callarèun g’ghent” conclude i festeggiamenti in onore del Santo Portettore di Sannicandro in anticipo delle festa patronale.
La 35a Edizione del Calderone di San Giuseppe è alle porte! Nelle serate, come da tradizione, degustazioni di legumi e piatti tipici.
PROGRAMMA:
> SABATO 17 MARZO
Piazza Castello
Calderone Arci e degustazione di fave e ceci (gentilmente offerti da Legumeria Sig. Bean), ed altre tipicità locali.
Esibizione musicale della Old Fun Band
Performance danzante a cura di Queen Dance Academy
Itinerante
Calderoni itineranti per le vie della città
Passeggiata della Commissione Giudicante
> DOMENICA 18 MARZO
Itinerante
Calderoni itineranti per le vie della città
Passeggiata della Commissione Giudicante
Esibizione musicale della Street Band QuattroPerQuattro
Piazza Castello
Performance danzante a cura di Diablo Dance
Premiazione dei 3 Calderoni Vincitori
Grande Falò di chiusura
www.arcisannicandro.it